venerdì 17 agosto 2007

patchworkpost [collage di post mai publiniti (pubblicati/finiti)]

Come scordare quella mattina alle sei, quando uscendo di casa con gli occhi ancora gonfi dalla nostra precedente notte d’amore ho visto quella scritta sul muro: “E’ finita! Griselda”.
Poteva essere per chiunque ma io l’ho sentito che era un messaggio per me. Da allora sei scomparsa. Non più un tuo cenno, tre anni scomparsi in un attimo e ancora mi chiedo il perché.
Non so dimenticarti. Non so dimenticare le volte che facevamo pacci-pacci-pum-pum. Con nessun’altra fare pacci-pacci-pum-pum è stato più bello. Quando dopo un bacio a Folletto Worwerk lungo un’ora ventosavamo le mani sui nostri corpi e tu mi sussurravi: “Hai voglia di fare pacci-pacci-pum-pum”. E io ti rispondevo estasiato: “E daje!”.

Io credo ai Puffi, a Babbo Natale e alla Befana; ma chi crede agli Snorky proprio non lo capisco.
Non capisco come si possa credere nell’esistenza di esserini colorati con un Coso che gli spunta dalla testa.
Stanno nell’acqua, tutto il giorno, e fanno le bolle.

Deserto di pietre e cactus e sole, distesa del West di Sergio Leone. Un po’ tundra, un po’ America prima maniera, un po’ Shaara, ma poco. Dove la notte è più nera del nero degli occhi a palpebre chiuse e molto più densa. E il freddo vibra nel riflesso di una palla di luna che lampioneggia a perdita d’occhio.
Un gruppo di selvaggi che ballano tra i fuochi e la paglia. Star con loro per ore, tra tamburi e risa. Che non hanno idea che l’indomani sarà un nuovo anno; per loro è solo una notte, che precede una mattina. E ballano e cantano per santificare la notte e la mattina.
Correre veloce come la luce e leggero come il vento, senza stancarmi. Raggiungere un branco di bufali e accovacciarmi tra loro. Sentirne il ruminare, il grugnire, la puzza. Poterne fare anch’io, senza timori. Sentirli dormicchiare e parlare di Bufale e attendere che sia una nuova mattina, non un nuovo anno.
Correre veloce come la luce e leggero come il vento, senza stancarmi fino a una tribù indiana, fino alle sue tradizioni. Festeggiano tutto, forse anche l’anno che se ne va, ma con totale grazia. E saltano, ridono e giocano, s’accoppiano e ridono ancora, urlano e ballano e cantano.

Chissà per chi sognano i sogni sognati.

In un tempo che non era proprio un tempo. In un luogo che non era proprio un luogo. Un uomo che non era proprio un uomo. Piuttosto un cavaliere, peloso e grugnante. In una serie di ore staccate tra loro che si avvicendavano senza mediazioni.

Piaci al re le dissero. E la portarono dal re.
-Perché piaccio al re?
-Piaci al re.
-Cosa posso fare per il re?
-Non basta piacere al re?
-Ho sempre sognato di piacere al re.
-Piaci al re.
-Non potrò più sognarlo.
-Cosa posso fare per te?
-Sognare di piacermi.
-Non ho mai smesso di farlo.
-Allora il re sa quanto è difficile.

Le chiavi le ho. Per la porta dei ghiacci e dei serpenti. Dei panni stesi e l’acqua corrente. Dei ricordi no. Che vaghino soli.

Scrivo di polvere e stomaco. Polvere in banchi più densi. Con sassi sospesi su cui sbattere la testa. E non si vede. Ad un passo non si vede. Non si vede nulla se non ombre. O forse miraggi. Forse sono miraggi. O forse no, è la storia che cresce dalle macerie. Dello stomaco che rotola su se stesso. E si stringe, si raggomitola.

La nebbia si è un po’ diradata e la polvere nell’aria posata nuovamente, impolverando tutto e liberando alla mia vista ciò che volevo scrivere. Ora che finalmente si distingue posso raccontarvi la storia del signore confuso.
Un signore entrò nel negozio di un anziano gelataio. Senza prestare la minima attenzione alle vaschette piene di deliziose creme dai mille colori, disse:
-Voglio una lasagna!
-Mi dispiace signore, ma questa è una gelateria, non ho una lasagna da darle.
-Guardi, so benissimo dove mi trovo ma io voglio una lasagna!

domenica 12 agosto 2007

l'uomo dei sogni

Sbadigli, sospiri,
nell’aria il fumo scorre,
dalla finestra,
la nebbia si confonde.
Stelle cadenti,
di desideri appesi,
al collo campane,
melodie viennesi.
L’uomo dei sogni verrà,
con sogni oltre il velo,
che salutarli farà tremare,
baciarli sarà languire.
Lasciali, scordali,
d’altre vite nutriti,
mai più vittima,
di passioni inutili.
Sognare è l’abito nuovo,
sgualcito d’ogni passato,
toccarlo lo priva dell’oro,
lo lascia piano marcire.
Lasciali, vattene,
uomo dei sogni fuggi o difenditi,
alla finestra la nebbia s’arrende,
nel fumo per sempre scompari.

mercoledì 1 agosto 2007

sera d'Agosto

In una serata d'Agosto è difficile scrivere sul blog. Non perchè sia Agosto. In realtà non è importante il mese, credo. Son io che non aggiorno il blog da un pò perchè non ho niente da dire. Oppure perchè ho talmente tante cose da dire che non riesco a sceglierne una da scrivere e il modo in cui farlo.
Quel che penso è che questa sera d'Agosto deluderà gran parte dei miei coraggiosi lettori. Immagino si aspettassero qualcosa di un pò più strutturato e particolare dopo tutto questo tempo. Me lo aspettavo anche io a dire il vero.
Se avessi avuto fra le mani un vero diario, uno di quelli cartacei intendo, allora probabilmente lo avrei colorato. O forse avrei voluto colorarlo ma non lo avrei fatto, perchè so di non esserne capace.
In questa sera d'Agosto non sono capace neanche di colorare con le parole. In questa sera d'Agosto temo non ci sarà nulla a restare impresso.
L'attesa. E i cambiamenti. L'attesa e i cambiamenti. Fidarsi del tempo, lasciarlo passare vibrando ogni istante un pò di più, perchè, fuori dal tuo controllo, cambiamenti potrebbero sconvolgere l'universo. E l'universo si era appena costruito e non avrebbe senso si sconvolgesse così presto, così come non ha senso avere paura.
Eppure non è solo paura, è un vero terrore che ti fa tremare le ciglia e ti fa venire fame e poi non più e caldo e smania. Perchè tu a quell'universo non puoi rinunciare, non vuoi rinunciare. Almeno non prima d'esser salito sul Millennium Falcon e averlo esplorato, vissuto, fino in fondo. Che solo volando in quell'universo ti senti davvero vivo. E non è l'astronave, non è il volo; sono le stelle che fanno il girotondo attorno a te. E ti senti a casa come a casa non pensavi di sentirti mai.
Poteva essere un bel finale per un post ma ho ancora voglia di battere sulla tastiera. Allora mi ritrovo a dire che a casa ci sono e solo e con la mente lontana anni luce e confusa e vogliosa di cambiare film. Non più tra le galassie, qui, sulla terra. Come un giovane Indiana Jones che vuole scoprire e vivere, lottare per ciò che ama, sempre, perchè non può farne a meno.