mercoledì 28 novembre 2007

scrivere

Solo scrivere aiuta a scrivere. Anche leggere aiuta a scrivere, ma soprattutto aiuta a leggere. A me andare al bagno aiuta a scrivere, sebbene questo sia un problema mio. E delle persone che devono andarci mentre lo occupo. Tentare di scrivere aiuta a scrivere, ma anche no. Non riuscire a scrivere non aiuta a scrivere. Far l’amore aiuta a scrivere, ma solo dopo, durante è meglio evitare. Anche una serata in buona compagnia aiuta a scrivere. Le grandi mangiate no. La pancia piena non aiuta a scrivere, né lo fa la testa piena. Le palle piene a volte si, mentre il portafoglio pieno è indifferente, pure se è sempre meglio averlo. Lo shopping aiuta a scrivere solo se si comprano abiti comodi e fighi. Il tempo non sempre aiuta a scrivere. Camminare aiuta a scrivere, ma serve chi elimina gli ostacoli dal percorso intanto che gli occhi sono sul blocco. La musica non aiuta a scrivere. Determinata musica aiuta a scrivere. Ogni scrittura sceglie la sua determinata musica. Guidare la macchina aiuta a scrivere. Una bella macchina aiuta due volte. Quando la macchina è propria e tutta pagata, aiuta aiuta aiuta. Immaginare qualcuno aiuta a scrivere. Anche immaginare qualcosa aiuta a scrivere, ma solo se è costosa o abbinabile al qualcuno. La merenda aiuta a scrivere. Se è un buon cappuccino e cornetto aiuta di più. Perfino se è un tè aiuta a scrivere, però solo coi biscotti giusti. Non poter scrivere aiuterebbe a scrivere se si potesse farlo. Il disordine aiuta a scrivere finché qualcuno non decide di convincerti a riordinare. Non so se essere innamorati aiuta a scrivere. Essere depressi aiuta a scrivere. Esserlo troppo non aiuta a far niente. Una notte insonne aiuta a scrivere. Passare più d'una notte insonne aiuta a non aiutare. Una volta scrissi dopo una lunga corsa. La volta successiva dopo la lunga corsa feci una doccia e una dormita. La doccia non aiuta a scrivere, ma non farla aiuta ancora meno. Parlare aiuta a scrivere e anche star zitti. Cucinare no, non aiuta a scrivere. Sentire l’odore di qualcuno che cucina per te aiuta a scrivere solo se l’odore è buono. La penna aiuta a scrivere. Se è blu lo fa un po’ meglio. La carta aiuta a scrivere. Il computer aiuta a scrivere, in modo meno romantico ma più efficace. I lettori aiutano a scrivere. Un complimento aiuta a scrivere. La critica aiuta a scrivere. Anche una parolaccia aiuta a scrivere. L’indifferenza non aiuta a scrivere. La propria indifferenza non aiuta a scrivere. La passione aiuta a scrivere. Pensare di voler scrivere aiuta a scrivere. Pensare ogni attimo di voler scrivere aiuta a scrivere. Molto aiuta a scrivere. Scrivere aiuta a scrivere.

domenica 18 novembre 2007

storie, leggende

Si narra di un quaderno. Un diario color del sangue che dal sangue è stato forgiato. In quello buono, scuro nettare che scorre soave in vene innamorate. Si narra che di tale rarità fosse impregnato e le suo pagine sgualcite dalla passione e che nessuno, nessuno potesse leggerne le righe senza smarrirsi nella memoria.
Ardente come le fiamme la sua legatura, scioglieva nel dilaniante dolore di quel divampare le dita che osavan toccarlo. Ma era lo spirito ad esserne attratto, con tal forza da dimenticar le bruciature, la pelle morta, le cicatrici indurite. Al suo cospetto ognun perdeva il senno e non più lo ritrovava.
Fu l’Amore stesso a nasconderlo, in un luogo segreto, affinché non nocesse ancora. L’Amore lo nascose e lo maledì; non lo distrusse, sebbene lo volesse, perché neanche l’Amore può distruggere se stesso.
“Che sia maledetta questa tua carta che ha lacerato cuori; questo tuo inchiostro che ha macchiato desideri. D’ora in poi esisterai solo, abbandonato, inutile. Strillerai e ti agiterai, ma nessuno ti sentirà. Se qualcuno s’imbatterà ancora in te, sfogliandoti non vedrà che il male che hai provocato e ne sarà vittima anch’esso.”
Si narra che vaghino ancora le anime degli amanti che ne incisero le pagine. Cieche e sorde, incuranti dei corpi; lo cercano per placare il loro inestinguibile tormento, benché conoscano il destino che le attende. Son pronte ad accettar la pena, convinte che nessun dolore sia più grande del non poter stringere il proprio dolore fra le braccia.
Cercatori compaiono in ogni dove; non c’è giorno che non ne nascano di nuovi. Lo bramano più d’ogni altra cosa: rivoltano cielo e terra, luna e sole, pur di saper se esiste davvero; pur di possederlo, anche per un solo istante.
Ho narrato questa storia a voi per mettervi in guardia. Non cercatelo! Non pensatelo neppure! Convincetevi che sia leggenda; soltanto una spaventosa leggenda. Non rischiate il vostro stesso essere, non lasciatevi trascinare da una corrente che non potete controllare; non consumatevi come le mie dita, sulle quali ormai son visibili le ossa.
Lasciate marcire quelle pagine là dove sono: abbandonatele alle loro stesse parole, a struggersi e dissolversi, fino ad essere dimenticate.

martedì 13 novembre 2007

torta&candelina

Ho pensato che una torta...
...bhè si, almeno una torta ci vuole. Non c'è compleanno senza torta e candeline.
Una torta gliela dovevo; non avrei mai sopportato che gli altri blog lo prendessero in giro...
...non posso trasferire anche su di lui la mia idiosincrasia per il compleanno.
Una torta gliela dovevo; un festeggiamento morigerato, di classe ma pur sempre un festeggiamento, con tanto di torta e candelina...
...e mille di questi post!

lunedì 12 novembre 2007

un'altra...

Ho pensato molto a questo post.
Volevo fosse una festa il primo compleanno del blog.
Poi mi sono ricordato come si chiama.
L'ho chiamato io in quel modo.
Mi è tornata alla mente la sera in cui pensai il nome e lo creai.
La definì una sera gelatinosa.
Anche questa lo è.
Volevo fosse una festa il primo compleanno del blog.
Poi mi sono accorto che questa sera è altrettanto gelatinosa.
Di quanto mi sono mosso in un anno?
In che direzione?
Volevo festeggiare.
Il blog è iniziato per caso e prosegue nello stesso modo.
Stasera il caso ha voluto questo.
E' stato il caso?
Boh.

mercoledì 7 novembre 2007

quante belle figlie Madama Dorè

Dev’essere che gli occhi non hanno sazietà, né dieta, né metabolismo. Dev’essere che si fa presto a vedere, apprezzare, immaginare. Dev’essere che dal gioco non si può sfuggire e che gli occhi di lago sotto i capelli castani sono irrinunciabili. E le bionde, le bionde, che dire delle bionde. Quella criniera dorata che incornicia i visi rende ogni opera un capolavoro. Ma delle more non si può fare a meno e dei loro occhi scuri che racchiudono il mistero. Dev’essere che son troppe le delizie e che il palato si evolve e non dimentica. Dev’essere quel modo di muoversi differente da sedere in sedere, la posizione che assumono quando sono in piedi, le pieghe sulle guance mentre trattengono un sorriso. Dev’essere che ci si innamora sempre della più lontana e le si scrivono lettere, si fanno strategie. Ma ci si muove in un cerchio infinito e la lontananza è grandezza relativa che muta con impressionante facilità. E non c’è nessuna cattiveria, nessuna malafede, solo un confuso assoluto che disorienta i pensieri. Dev’essere il profumo diverso di ogni pelle o le rosee sfumature delle innumerevoli labbra. La scossa di sfiorare una nuova mano o quel modo di parlare ancora mai sentito. E’ come viaggiare in posti ignoti, lasciarsi mozzare il fiato e farsi trasportare. Trasportare da fiumi sognanti, galleggiare su acque suadenti, bagnare di ricordi eleganti. Dev’essere che la felicità non vuole mai fermarsi, bacia sulla bocca prima di svanire con gesti ammiccanti. E la lingua rimane impastata di agrumi maturi appena assaggiati. E la lingua rimane impastata d’ultime parole a stento accennate. E la lingua rimane impastata di spiegazioni difficili mai formulate. Dev’essere che al vento non ci si può sottrarre, si possono solo spiegare le vele e andare.