venerdì 22 agosto 2008

Verbania 02.08.08

-Perdonatemi l’ardire- Ed iniziò. Non voleva esser perdonato affatto. Voleva colpire soffice come un velluto e indelebile come una marchiatura a fuoco. Restare latente nelle meningi per ricomparire di tanto in tanto, far capolino nei sogni e tramutarli in incubi. Scavare nella pochezza affinché i poveri malcapitati potessero intravedere una via d’uscita. -Non è mia intenzione intromettermi nelle vostre abitudini- Com’è vero che il mondo socchiude le proprie porte a chi sa scegliere le giuste parole –Io sono a cena solo e giustamente sto in silenzio, oppure scrivo sul mio blocco, dando l’idea d’essere un pazzo- E qui lascia spazio a una risata efficace per allentare la tesa attenzione della coppia. – Ma mi chiedevo perché, voi che siete andati a cena insieme, passate il tempo a leggere ognuno una diversa rivista. Non avete davvero nulla da dirvi?- Ecco, se ora arrivasse il suo arrosto di pesce sarebbe perfetto, potrebbe concludere dicendo –Ah, ecco il mio pesce arrosto. Scusate il disturbo, buon appetito!- Poi dovrebbe fissare soltanto il piatto, sopportare ancora per qualche secondo gli sguardi disorientati dei suoi vicini di tavolo finché questi, indecisi se rispondere o meno, desisteranno, preferendo lasciare il visionario scrittore al suo gustoso pasto solitario.

Abetone 29.07.2008

Chiamami viaggio, scordati di me,
sarò partito, lontano, sordo
a richiami che non siano tuoi.
Tu chiamami viaggio e apparirò,
con mano tesa e sporca
sarò strada e terra e deserto.
Conta le stelle, chiamami ad ognuna,
ascolterò le loro voci e sarà la tua,
sempre, arriverò, ti chiederò in sposa.
Diverrai rosa di vergogna dietro le orecchie,
io sarò viaggio, tu sarai meta,
in un sussurro i nostri sorrisi, il tuo diniego.
Mi chiamerò viaggio ancora e ancora,
d’una attesa fertile in cui sbocci il tuo viso,
a rammentare che di viaggio ho zuppa la pelle.