Non so vederlo un complotto.
Pensare che due giovanotti tedeschi avessero pianificato la deviazione
dell’umanità con un paio di secoli d'anticipo, peraltro senza l’aiuto di nessun
faccendiere, è troppo anche per la mia fantasia. Però sapevano, di
questo son certo. Sapevano che le fiabe potevano cambiare il mondo. Chiunque scrive
lo sa. Chi parla lo sa. Le parole hanno sempre rimodellato la realtà. E dall’immagine
evocata da quel finale è scaturita una religione mendace fondata sul risultato.
Ed una schiera di sacerdoti votati a lei fin dal primo vagito. “Il problema è
sbagliato… Non è vero il risultato mi torna”. “Buono il tuo sformato… Sono
contento ti piaccia, pensa che mi era caduto e ho dovuto ricomporlo”.
“Tu parli di storie d’amore ma sei sempre solo, almeno io ho qualcuno accanto”.
Perché? E’ che il danno è impastato all’acqua. Perché? Così il danno lo beviamo
fin da bambini. C’è una fase in cui i bambini non fanno altro che chiedere ‘perché?’
e gli adulti non vedono l’ora che smettano. Il danno è trasparente,
impalpabile, come l’acqua, come un plurale. Gli adulti dovrebbero lasciarsi
contagiare, chiedersi il perché di quei perché, il perché di quel plurale, il perché
di quel finale. La felicità è un virus infettivo senza anticorpi, eppure si può
contrarre il sintomo senza condividerne il focolaio. E’ dramma e commedia
fusi nella stessa opera. Cosa è vero? Cosa non lo è? Chi ha scelto chi? Perché?
Ho vissuto diversamente ed è
stata una tortura. Non poter spiegare la mia diversità solo con una parola.
Riconoscere ciò che ci controlla e sfidarlo, mantenere il conflitto anche dopo
la sconfitta. E sconfitto ne sono uscito sempre seppur vivo per riprovarci.
Testardo combatto un’equazione che non vuole combattere me. Io non gli
interesso, resto un numero troppo piccolo. La matematica controlla il mondo. Io
mi accanisco sulle equazioni più semplici, ad altro non arrivo. Ridotte ai
minimi termini le modello tra le mani. Altero punti di riferimento, sfioro
simboli e tutto cambia. La direzione cambia, la mia. L’umanità
segue l’equazione principale: qualsiasi incognita della vita tende ad una surreale
felicità di coppia e lì si ferma. Ferma, senza altre domande, appagata e vuota.
La felicità come un'addizione. L'amore come un'addizione. Eppure soltano un passo più in là si capovolge il mondo. Un passo dentro i rovi. Spostare l’incognita, un tempo verbale diverso. Il principio è da soli tra i rovi. "Vivere per sempre felici e contenti" che tende a X. Perché l’avventura
non termina con l’incontro. L’avventura inizia con la felicità e conduce ognuno
in un posto diverso. Così le storie non finiscono mai, iniziano e ancora iniziano. Così l'amore non finisce mai. E i rovi non intralciano che il primo passo.
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