mercoledì 24 ottobre 2007

duelli

C’ero anch’io in quella notte granulosa.
La luce perlacea delle nubi rimbalzava fra parcelle curiose di aria. Fra foglie sfilate d’un verde sbiadito nel nero. Fra lumache sul prato che sparivano come conchiglie in risacca.
Lo scalpiccio di piedi e zoccoli riduceva in frantumi pure il silenzio. C’ero anch’io in quel tempo sospeso e quel che vidi, quel che vidi fu la scintilla d’ogni storia.
I gong delle lame scandivano cicli di luna.
Fu la scintilla d’ogni storia.
Un’ancestrale danza lenta avvinghiava i due avversari.
La scintilla d’ogni storia.
I tendini tesi delle spade spasimavano d’impalpabili desideri.
Quel che vidi fu la scintilla d’ogni storia.
C’ero anch’io in quell’affusolarsi di membra. Colpi. Di destini e di scelte. Colpi. Di spade su lingue d’argento scese dal cielo. Colpi. Dei duelli che vivevo. Colpi. Di privilegi e di dolori. Colpi. D’acciaio che strideva coi denti serrati. Colpi. Dello sforzo che scava le braccia. Colpi. E di stille e di passato e di rughe. Colpi. Di confusione. Colpi. Di confusione. Colpi. Di confusione.
C’ero anch’io e volevo scappare. Ma scappare non si poteva, già ero inchiostro sulla carta. E piangevo. E sbavavo. Ad ogni colpo più forte tremavo. C’ero anch’io ed ero rapito. La notte inseguiva la notte. E poi notte. E ancora notte. Finché la notte comandava duelli.
C’ero anch’io in quel buio di latte. I muscoli delle lame ghermivano ogni paura. Fluiva la forza in piena travolgendo gli epici corpi. Mani sanguinanti possedevano else d’oro. Lettere e lettere ne impreziosivano il profilo. Eran parole di lontana provenienza, da lati opposti del mondo giungevano. E si scontravano per conoscersi. E si amavano per distruggersi.
C’ero anch’io e mi nascosi fra righe inesplorate.

mercoledì 17 ottobre 2007

capelli neri

Ma le colonne sorreggono i sospiri, il loro peso su quei fianchi snelli, io penso e ripenso ai tuoi capelli. Neri. Capelli neri. Che li ho cercati per un anno e li ho trovati ieri. Ammollettonati, sospesi, sfilati, di ciocche e ciocche confusi e leggeri. Capelli neri, a rifiorire un posto dove prima non c’eri.

lunedì 8 ottobre 2007

la favola di Hansel e Gretel raccontata dalla strega

Avrete sentito mille volte la storia della strega che attira due bambini in una casa di marzapane e cerca di mangiarseli.
Sono io quella strega e la storia non è andata affatto così.
Per quelli di voi che hanno sempre nutrito qualche dubbio sui fatti di quel giorno, è giunto finalmente il momento di conoscere la vera storia di Hansel e Gretel.
Dunque, io sono una strega. Ognuno nasce come nasce; io sono nata con i miei bravi poteri magici e li uso per risolvermi problemi ed esaudirmi desideri. Qualcuno farebbe diversamente?
Tra i miei desideri ci sono sempre stati i dolci. Devo confessare d’esser incredibilmente golosa; follemente innamorata dell’inebriante profumo che emanano quelle leccornie. Ciambelloni caldi, meringhe appena sfornate, dolcetti al cioccolato e delizie d’ogni genere. Guardarli, annusarli, mangiarli e cucinarli son le cose che amo di più. Quando scoprii la magia per trasformare i mattoni della mia casa in dolciumi, fui la strega più felice del mondo.
La sera in cui questa storia ebbe inizio, stavo cucinandomi qualche torta, ispirata dal delizioso aroma della mia abitazione. Quella stessa sera, due mostriciattoli ebbero l’idea di addentrarsi nella foresta mentre calava il buio e, per il colmo della sfortuna, incontrarono il corvo Barbolo.
Barbolo era, un tempo, un nano dispettoso e nessun’altra cosa lo divertiva di più che fare i suoi scherzi a me. Quando, l’ennesima volta, infilandomi le calze le trovai piene di scorpioni, persi la pazienza e lo trasformai in un corvo. Purtroppo anche da pennuto rimase lì intorno e, quella maledetta sera, convinse i due marmocchi a venire da me.
Io odio i bambini. Rumorosi, capricciosi e sempre avidi di dolci; i miei dolci. Sono andata a vivere in mezzo alla foresta proprio per non essere disturbata da nessun bambino; immaginate perciò la mia infastidita sorpresa nel vederli arrivare.
Lessi subito nei loro occhi il desiderio di sbranare la mia amata casetta; così, per distrarli, gli proposi di entrare per assaggiare delle torte appena sfornate.
Quei porcelli mangiarono tutto. Quando furono pieni come palloni si era ormai fatto tardi e, anche se non amo i bambini, non potevo proprio lasciarli tornare nella foresta con il buio e i lupi.
Quando, però, gli dissi che sarebbero rimasti da me fino al giorno dopo, le due pesti presero a strillare, a piangere e a correre qua e là per la casa. Intanto quello sciocco di Barbolo volò nella finestra aperta e iniziò a strillare stupidaggini sul fatto che li avrei mangiati e che non sarebbero più andati via; facendoli agitare ancora di più.
Ma chi mai avrebbe potuto prendere sul serio queste fesserie? Con i poteri magici che ho, cosa me ne sarei fatta di due fregnetti frignoni? E poi, perché avrei dovuto voler mangiare bambini vivendo in una casa fatta di dolci?
La situazione degenerava, i bambocci erano incontenibili. Spazientita, li schiaffai dentro una grande gabbia che talvolta usavo per pecore o altri animali. Sapevo che non era il massimo farli dormire lì, ma non ne potevo più e non sapevo cosa fare. Non potevo lasciarli andare di notte nella foresta e comunque lì dentro almeno si erano calmati.
La mattina dopo mi alzai presto. Per farmi perdonare della notte scomoda preparai loro tanti ottimi dolci. Quando andai a svegliarli e la bambina si propose per darmi una mano nelle pulizie, pensai che volesse far la carina e ringraziarmi; mai avrei pensato che lei e suo fratello mi tendessero un agguato. Ci si mise anche quel maledetto ex nano, che non vedeva l’ora di farmi un nuovo dispetto e che morì dalle risate quando finii a testa in giù nel pentolone dove avevo mescolato gli ingredienti per i dolci.
Alla mia età per una cosa del genere ci si può anche rimanere!
Ci misi un’eternità ad uscire da lì; riemersi sporca e furiosa e la cosa peggiore fu che non c’era più nessuno su cui sfogare la mia rabbia. Le due bestiole erano scappate via e anche il corvaccio malefico aveva preferito dileguarsi per un po’.
Dopo essermi ripulita mi tranquillizzai; ancora non immaginavo tutti i guai che ne sarebbero venuti.
I pidocchietti raccontarono cose terribili e false su di me al loro ritorno. I grandi gli credettero e cominciarono a rendermi la vita talmente impossibile da costringermi a traslocare. Subito dopo iniziò a girare la ridicola storia in cui io li attiro da me per mangiarli, così, da quel momento, ebbi problemi in ognuna delle foreste in cui andai a vivere.
Se solo quel giorno fossi stata abbastanza strega da scacciare quei due vermetti dai miei dolci, ora si racconterebbe un’altra storia e una bugia di meno.